Di Galaxy Gear e smartwatches
Samsung, da buona società multinazionale attiva nel campo dell’elettronica di consumo ha ieri presentato Galaxy Gear, uno smartwatch che mira ad impadronirsi del mercato. Sul web le reazioni sono come al solito grandi e molteplici, dal “OMGWTF” al più semplice “FAPFAPFAP”. Visto che c’ero, non poteva mancare la mia.
Sbagliato, completamente ed inesorabilmente sbagliato. Parliamoci chiaro, è brutto ed enorme. Davvero un pugno dell’occhio, non so che tipo di meth hanno pippato i designer Samsung all’atto del disegno. Uno smartwatch deve essere, secondo me, un accessorio da abbinare allo smartphone per estenderne le funzionalità, non deve sostituirle. La prima cosa che mi ha lasciato pesantemente perplesso è l’hardware. Parliamo di un orologio (si perché oltre a fare le foto porta anche l’ora eh) con un processore single-core da 850Mhz, 512MB di RAM ed un display AMOLED 320x320. Che qualcuno mi spieghi a cosa diamine serve una potenza di calcolo del genere su un aggeggio che bisogna mettersi al polso. In arrivo “Quadrant For Smartwatches” forse? Possibile. Nell’indubbio stile di Samsung, immancabili funzionalità come fotocamera da 1.9 megapixel, traduttore e orologio (!!) sono a “a portata di braccio”.
Dove Samsung ha sbagliato #
Un orologio tradizionale ha un’autonomia notevole, il più delle volte si parla di anni o addirittura di decadi. L’errore più grande di Samsung è stato quello di uber-caricare un oggetto dedito al tracciamento dell’ora di funzioni inutili, diminuendo oltremodo la durata della batteria ed ingrandendo di molto le dimensioni dell’aggeggio stesso. Per non parlare poi della compatibilità con i soli smartphone/phablet di fascia alta Samsung. Penso che il futuro di questo tipo di wearable gadget risieda in tecnologie compatte ed ottimizzate per eseguire piccoli task, al massimo delegando allo smartphone il gravoso compito computazionale. Il Pebble è un esempio calzante: piccolo, con un display e-ink, alimentato da una batteria avente una autonomia di minimo 7 giorni. Lo scopo del Pebble è uno: facilitare la lettura delle notifiche all’utente, consentendogli di continuare ad eseguire qualunque cosa stia facendo senza il bisogno di tirar fuori uno smartphone. Inoltre, è possibile programmarlo scrivendo piccole applicazioni in C (Google, Samsung, mi leggete? C, non Java) che comunicano col $cellulare, dove $cellulare è un dispositivo sia iOS che Android. Io stesso avendo bisogno di un tachimetro GPS ma non volendo rischiare una multa e la vita ho scritto un’app che porta la velocita in km/h sul Pebble via Bluetooth.
E gli altri? #
Penso che Apple, Google, e qualunque altra società che ha in programma la creazione di un dispositivo del genere debbano rifarsi i conti nell’ottica sopracitata. Creare uno smartwatch con un’autonomia calcolata nell’ordine delle ore dovrebbe essere cestinato e ricreato da zero senza battere ciglio.